Contro il Jobs Act del PD

Di   27/02/2015

Lavoro e diritti: merce zittita e all’asta per chi offre di meno (in salari e garanzie)!

Il 20 febbraio 2015 sarà ricordato dai lavoratori come la data in cui la più grande conquista sociale del dopoguerra lo STATUTO DEI LAVORATORI e in particolare l’articolo 18 dello stesso sono stati piegati e i lavoratori sono diventati ancora più merce all’asta e senza copertura per chi offre di meno. In sostanza si affermano e si regolamentano le nuove forme di schiavitù: non eccezioni, ma regole.
I lavoratori italiani, come altri lavoratori in Europa, avevano conquistato, nel corso di lunghe lotte, diritti importanti – tra questi, il diritto alla conservazione del posto di lavoro nei casi di licenziamenti illegittimi – oggi, nella cornice di un governo e di mass media che hanno affermato che sono stati i diritti dei lavoratori a mandare in declino l’Italia, si è rafforzata la supremazia della flessibilità, del mercato e dei profitti di pochi. Il declino è iniziato con l’attacco ai salari, ai contratti nazionali, allo Statuto dei lavoratori, a tutta la legislazione in materia di lavoro. Risultato: occupazione drasticamente diminuita, insicurezza sui posti di lavoro, aumento della forbice tra classe ricca e classi impoverita (ex classe media) e povera, speculazione e corruzione che la fanno da padrone.

Renzi oggi esulta e sbandiera ai quattro venti che con il Jobs act sta lottando contro la precarietà in favore dei giovani, raggiungendo l’obiettivo di ridurre drasticamente le tipologie dei contratti precari. In realtà, oltre la propaganda, da decreto le tipologie contrattuali da 47 sono diventate 45: abolite solo l’associazione in partecipazione e il job sharing (tipologia contrattuale che conta circa 300 contratti attivati in questi anni).

Il Jobs act, come già da dicembre diciamo, non ha reso solo i lavoratori più flessibili: 1) in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo riafferma che i lavoratori sono merce con salari ridicoli e alla mercé dei padroni; 2) ha pienamente raggiunto il traguardo politico prefissato, spuntare le armi al movimento sindacale italiano, con buona pace delle grandi sigle sindacali e della lotta alla precarietà.
L’opposizione interna del PD considera quella che per Renzi è una “giornata storica” uno “schiaffo”. La CGIL, invece, afferma “quello che il governo sta togliendo e non estende ai lavoratori stabili e precari, andrà riconquistato con la contrattazione e con un nuovo Statuto dei lavoratori”.

Tra schiaffi, poltrone da spettatori e proposte di nuovi statuti ci chiediamo: lo abbiamo capito in che direzione stiamo andando? Renzi ha bypassato la trattativa sindacale – annullandone il potere contrattuale -, i pareri delle commissioni parlamentari e il suo stesso partito a un “modico prezzo”: uno schiaffo. Uno schiaffo che ha contribuito a cancellare 50 anni di lotta operaia e di tutele conquistate con lo Statuto dei lavoratori.


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