Osservazioni alle istanze presentate dalla società Global Petrolum Limited

Di   04/08/2014

PRC Molfetta

PRC Molfetta

Al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
Direzione per la Salvaguardia Ambientale del Ministero dell’Ambiente
e della Tutela del Territorio e del Mare
Attenzione: Concessione Global Petroleum Limited
Via Cristoforo Colombo, 44
00147 – Roma
dgsalvaguardia.ambientale@PEC.minambiente.it

 

Oggetto: Osservazioni alle istanze presentate dalla società Global Petrolum Limited per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto: Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’aree dell’istanze di permesso di ricerca in mare “d80 F.R-.GP, d81 F.R-.GP, d82 F.R-.GP, d83 F.R-.GP” – “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare”
I sottoscritti Giuseppe Zanna, nato a Molfetta il 18/12/1968 e ivi residente in Via Magg. Sallustio 4/1, in qualità di segretario politico del Circolo di Molfetta del Partito della Rifondazione Comunista, e Giovanni Porta, nato a Molfetta il 14/07/1978 e ivi residente in Via Solferino 18, in qualità di  consigliere comunale della Città di Molfetta, rappresentano quanto segue.

Premesso che

– la società Global Petrolum Limited con sede legale in Australia ha comunicato di aver inviato al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ai sensi dell’art.23 del D.Lgs 152/2006, le istanze per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto: Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’aree dell’istanze di permesso di ricerca in mare “d80 F.R-.GP, d81 F.R-.GP, d82 F.R-.GP, d83 F.R-.GP” – “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare”;
– il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale all’interno dell’area marina “F”. Le aree in istanza hanno rispettivamente un’estensione che varia in un range tra 744,8 km2 e 749,9 km2 per un totale di quasi 3.000 km2 che coprono quasi la metà della costa pugliese, interessando i comuni di Molfetta, Giovinazzo, Bari, Mola di Bari, Polignano a Mare, Monopoli, Fasano, Ostuni, Carovigno, Brindisi, San Pietro  Vernotico e Torchiarolo;

osservano quanto segue:

1.Le direttive comunitarie del trattato di Aarhus, recepite anche dall’Italia, affermano che la popolazione ha il diritto di esprimere la propria opinione e che la volontà popolare deve essere vincolante. La contrarietà espressa in questa sede va ad aggiungersi a tutte le altre giunte ai ministeri nel corso degli anni, alle varie interrogazioni parlamentari. La Puglia ha già espresso, sia come Istituzione regionale che come società civile, il suo fermo “NOal petrolio, rendendosi collante tra le regioni adriatiche e ioniche in questa battaglia, anche attraverso le proposte di legge alle Camere (“Moratoria contro le ricerche petrolifere e le trivellazioni nell’Adriatico”), per vietare la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi nelle acque  dell’Adriatico, approvate da cinque Assemblee regionali (Puglia, Veneto, Abruzzo, Molise e Marche).
2.I pareri sfavorevoli alle richieste di prospezione sismica per la ricerca di idrocarburi nel nostro mare, oltre ad essere la logica conseguenza delle scelte contenute nel Piano Energetico Regionale – la regione Puglia ha investito nell’energia pulita e già produce il 160% del proprio fabbisogno energetico – e di una volontà di coerenza con la necessità di ridurre i consumi di fonti fossili e delle conseguenti emissioni di CO2 in accordo con gli impegni di Kyoto, sono già stati, da parte della Regione Puglia, anche frutto di una valutazione dell’impatto che queste ricerche potrebbero avere sul territorio. I programmi di ricerca non si risolvono alla fase iniziale poiché è ragionevole supporre che, in caso di riscontri positivi, possano essere seguiti dagli sfruttamenti con conseguenze chiaramente negative relativamente alla visione globale d’insieme delle caratteristiche e delle vocazioni dell’ambiente marino e della nostra costa, delle politiche  ambientali e produttive della nostra regione.
3.La società proponente offre un quadro parziale dei suoi intenti, evitando di inquadrare gli interventi in una prospettiva più ampia (dalle geospezioni alle trivellazioni di prova e alla successiva installazione di piattaforme), che è quella di sottoporre a sfruttamento l’ambiente marino su vasta scala in una zona di alto valore naturalistico. Infatti, la società ha presentato diverse istanze lungo lo stesso litorale, per cui la valutazione ambientale necessita di una valutazione unitaria dell’opera complessiva e non di una valutazione parziale relativamente al frazionamento del progetto che induce effetti distorsivi della valutazione stessa.
4.Con il Dlgs 190/2010, lo Stato italiano ha recepito la direttiva  2008/56/CE “Marine Strategy”, pilastro della politica marittima dell’Unione europea, il cui obiettivo generale è raggiungere o mantenere il buono stato delle acque marine entro il 2020 attraverso un approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane. Tale direttiva prevede il raccordo con convenzioni internazionali e altri strumenti di livello  comunitario, quali la politica nel settore della pesca, la direttiva habitat e, naturalmente, la direttiva acque.
5.Il Mar Mediterraneo, di cui l’Adriatico è parte, è segnalato essere il mare più inquinato al mondo da idrocarburi: 38 milligrammi per metro cubo. La situazione rischia di aggravarsi sotto la pressione quotidiana del 20% di tutto il traffico mondiale di prodotti petroliferi e di nuovi insediamenti  estrattivi, come il caso in oggetto. Un fenomeno drammatico come emerge dai dati di UNEP MAP, il programma delle Nazioni Unite per la tutela del Mediterraneo, ogni anno finiscono in questo bacino, e quindi in parte anche sulle coste, oltre 100 mila tonnellate di greggio. Sul fronte della bonifica delle coste in caso di spiaggiamento di petrolio, solo un comune costiero su cinque ha predisposto un elenco delle zone sensibili da proteggere  prioritariamente in caso di sversamento di idrocarburi e appena il 16% possiede piani locali antinquinamento.
6. Il risanamento delle aree marine colpite da importanti fuoriuscite di idrocarburi potrebbe essere molto più lento di quanto finora stimato, come dimostrato da uno studio condotto da ricercatori dell’Università della Georgia ad Athens e del NOAA Atlantic Oceanographic and Meteorological Laboratory a Miami, e pubblicato su “Nature Geoscience”, relativamente ai risultati del monitoraggio dello stato delle acque marine nei dieci mesi successivi al disastro della Deepwater Horizon, avvenuto nel Golfo del Messico nel 2010. Si rammenta, inoltre, che in data 7 luglio 2010, il Commissario europeo responsabile per l’Energia, Günther Oettinger, si è così espresso verso gli Stati membri: “Date le attuali circostanze, ogni governo responsabile dovrebbe al momento praticamente congelare i nuovi permessi per le perforazioni. Questo significa di fatto una moratoria sulle nuove trivellazioni fino a che le cause dell’incidente del Golfo del Messico non saranno note e fino a che non saranno state individuate le giuste misure per prevenire e affrontare questo tipo di emergenze”.
7.Il rilascio successivamente di sostanze tossiche nel mare, come è prassi in tutte le installazioni offshore del mondo e come riporta la letteratura scientifica e l’esperienza comune mondiale, risulta pericoloso.
8.Desta non poche preoccupazioni la profondità di eventuali trivellazioni, anche solo a scopo esplorativo, da parte dell’azienda proponente, paragonate ai 400 metri del famoso pozzo Macondo dell’evento disastroso citato nel punto precedente con l’aggravante che il mar Adriatico è un bacino semichiuso parte di un altro bacino semichiuso qual è il Mar Mediterraneo.
9.Il progetto coinvolge comunità da sempre basate su pesca e turismo per cui eventuali permessi concessi dal governo segnerebbero una rottura evidente degli equilibri nei confronti di tali territori, poiché le analisi esplorative utilizzate dalla multinazionale del petrolio per cercare  eventuali giacimenti petroliferi sono estremamente impattanti  sull’ambiente. Si segnala, a tale riguardo, la presenza di un’area Sic  denominata “Posidonieto San Vito” nonché la presenza, nel territorio molfettese, di un’Oasi avifaunistica denominata “Torre Calderina” nonché l’istituenda area marina protetta di Torre Calderina, oltre alle riserve marine protette delle Tremiti e di Torre Guaceto.
10.Il progetto presentato, possibile preludio all’installazione di piattaforme estrattive, impatta con la riviera pugliese, in particolare nel tratto prospiciente la costa della città di Molfetta, caratterizzata da un proliferare di attività economiche ricettive e balneari che attraggono turisti. Si tratta di un turismo legato a un’immagine sana del territorio impossibile da tutelare con attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare; un turismo di qualità caratterizzato dalla peculiarità delle risorse agricole, ittiche ed enogastronomiche del territorio.
11.La città di Molfetta, tradizionalmente, trae dalla pesca e dalle attività ad esse connesse una cospicua parte della ricchezza oltre che della sua identità. Le attività di pesca e quelle della cantieristica navale, nonché l’ormeggio di imbarcazioni professionali private, potrebbero essere danneggiate dall’autorizzazione del progetto in oggetto. La pesca, in quanto settore economico rilevante, subirebbe danni irreversibili considerata anche la conformazione quasi chiusa del mare Adriatico.
12.Il progetto presentato prevede l’utilizzo della tecnica “Air-gundannosa per molte specie marine, specie in acque, come quelle al largo di Molfetta e Giovinazzo, segnate dalla presenza di ordigni bellici (parte di quali a caricamento chimico) affondati lì dopo la bonifica del porto di Bari, a seguito del bombardamento del 2 dicembre 1943, e delle bombe inesplose della guerra del Kosovo rilasciate nella stessa area. Infatti, dall’esame delle carte nautiche allegate, indicanti le zone interessate dall’esame della Global Petroleum, vi sono punti con presenza di giacimenti di ordigni bellici della seconda guerra mondiale come riportato da documenti della marina militare, nonché zone di scarico di ordigni risalenti all’ultima guerra del Kosovo del 1999. Visti i forti rischi che sussistono, non smentiti neanche dalla documentazione allegata al progetto, il principio di precauzione impone che prima di intervenire su sistemi delicati e complessi vi sia la più totale certezza della mancanza di danni. Certezze che mancano nel progetto in oggetto che prevede non semplicemente uno studio geologico o l’utilizzo di navi equipaggiate per spari di aria compressa in mare, secondo la tecnica dell’air-gun, bensì anche la creazione di un pozzo esplorativo.
13.Il concetto di inquinamento acustico, fino a poco tempo fa riservato esclusivamente all’ambiente subaereo, è stato esteso anche a quello acquatico, tenuto conto dell’influenza di alcuni suoni sugli organismi animali, in particolare i cetacei che emettono suoni in particolari range di frequenza. L’utilizzo di rumori subacquei, prodotti dalle tecniche di geospezione, può provocare macheramento dei segnali acustici, allontanamento degli animali, danni fisici temporanei e permanenti, fino al decesso dei soggetti colpiti. Trascurare, sottovalutare e minimizzare tale impatto, all’interno dello Studio di Impatto Ambientale, significa mettere in serio pericolo e ignorare il principio precauzionale fondamentale per la protezione dell’ecosistema oggetto di tale attività.
14.Secondo i dati del World energy and economic Atlas 2013, la rassegna statistica annuale sul mercato oil e gas mondiale e sul sistema della raffinazione curata dall’Eni, e quelli pubblicati dal Ministero dello Sviluppo economico – Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche, la produzione italiana di petrolio è uguale allo 0,1% del prodotto globale e il nostro Paese è al 49° posto tra i produttori mentre le royalties in Italia sono tra le più basse del mondo. Oltre alle tasse governative, le società che estraggono cedono solo il 4% dei loro ricavi per le estrazioni in mare e il 10% per quelle su terraferma. Quali sarebbero le ricadute per le comunità locali?
15.Secondo il Ministero dello Sviluppo economico nel Rapporto della sua Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche: “Il rapporto fra le sole riserve certe e la produzione annuale media degli ultimi cinque anni, indica uno scenario di sviluppo articolato in 7,2 anni per il gas e 14 per l’olio”, in considerazione delle 133 concessioni di coltivazione di  idrocarburi (gas e petrolio) sulla terraferma e 68 nel sottofondo marino, e dei 94 i permessi di ricerca sulla terraferma e i 21 in mare”.
16.Il bacino dell’Adriatico meridionale è stato già in passato teatro di esplorazioni geofisiche per cui è nota nella letteratura di settore la potenziale presenza di giacimenti, che in passato sono stati ritenuti “economicamentenon interessanti; tra l’altro è nota anche la peculiarità di questi potenziali giacimenti “piccoli e frammentati” per cui non si riesce a capire i presupposti scientifici della fiducia che l’azienda proponente pone in tale esplorazione per aiutare il Paese Italia a “ridurre la dipendenza energetica dall’estero” come propone nell’introduzione e nel paragrafo 1.3.1. dello Studio di Impatto ambientale presentato.
17.La quantità di petrolio potenzialmente estraibile è assolutamente irrilevante per quanto riguarda il fabbisogno italiano di energia. Per di più non è detto che il petrolio estratto vada a beneficiare l’Italia, anzi, verrà con molta probabilità venduto sul mercato, a prezzi di mercato. Di tutto il fabbisogno italiano di petrolio, solo il 7% proviene da fonti interne. Il 6% proviene dalla Basilicata e solo l’1% deriva da altre fonti sparse nel resto d’Italia. Tutte le altre opere petrolifere previste daranno un contributo minuscolo al bisogno di energia italiano, ma distruggeranno tutta  l’economia locale fatta di pesca, turismo ed agricoltura.

Tutto ciò premesso e osservato,
ai sensi dell’art. 5, comma ter e dell’art. 24, comma 4 del Dlgs 152/2006,

i sottoscritti Giuseppe Zanna, nato a Molfetta il 18/12/1968 e ivi residente in Via Magg. Sallustio 4/1, in qualità di segretario politico del Circolo di Molfetta del Partito della Rifondazione Comunista, e Giovanni Porta, nato a Molfetta il 14/07/1978 e ivi residente in Via Solferino 18, in qualità di consigliere comunale della Città di Molfetta, sulla base delle osservazioni prodotte e del principio di precauzione, esprimono ferma contrarietà alle istanze in oggetto e chiedono al Ministero  dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di respingerle esprimendo il proprio parere contrario, in rispetto della volontà popolare e della legislazione vigente.
Con osservanza.
Molfetta, lì 3 agosto 2014

Il segretario
Giuseppe Zanna

Il consigliere comunale
Giovanni Porta


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