Il disastro del pronto soccorso di Molfetta
Dopo anni di denunce, comunicati, mobilitazioni allo scopo di salvare il salvabile della sanità sul nostro territorio , ci troviamo a constatare il collasso dello stesso SSN nella nostra regione . Con Molfetta città “sacrificale” della sanità pugliese, da anni privata di un numero adeguato di posti letto nel suo ospedale , ridotto a dependance di altre strutture . Dopo gli ultimi piani di riordino sanitario e’ ospedale di base con 70 posti letto. Con l’ospedale di Corato promosso ad ospedale di primo livello, con la risibile quota di poco più di 100 posti letto. Molfetta, una città di 57 mila abitanti, l’unica di queste dimensioni in Puglia senza una ricettività ospedaliera adeguata . E con il territorio del nord barese della ASL Ba (comprendente anche Terlizzi, Ruvo, Giovinazzo e Corato) che soffre da anni di una carenza di dotazione di posti letto per acuti . Un territorio in cui viene clamorosamente disattesa quella dotazione minima di 2.7 posti letto per acuti su mille abitanti, che la regione Puglia dovrebbe mantenere in base al decreto Balduzzi. Se così fosse, solo Molfetta dovrebbe poter contare su un numero di posti letto per acuti vicino ai 155 nel suo ospedale. Le altre città dello stesso comprensorio dovrebbero averne altrettanti. Nella realtà, oggi gli unici due ospedali per acuti operanti nel nostro territorio , quello di Corato e quello di Molfetta , insieme non sommano neanche 180 posti. Questa carenza di posti letto, rende di fatto impossibile il ricovero dei pazienti che afferiscono ai Ps e crea, assieme alle carenze negli organici di operatori, in concomitanza di carenza di spazi idonei (che mancano in strutture costruite oltre 50 anni fa e concepite per la sanità degli anni 60) e determinano le premesse per il disastro che stiamo vedendo. All’epoca i PS erano concepiti come posti per fare una diagnosi e per un transito rapido ai reparti. La chiusura di ospedali ed il taglio massivo di posti letto, ha di fatto trasformato i Ps in luoghi dove i pazienti devono stazionare anche una settimana, assistiti in modo precario, in postazioni precarie, senza il rispetto della minima dignità per pazienti, i loro familiari e per il personale. E non basta la resilienza e la applicazione degli operatori, costretti a lavorare in condizioni pericolose, a lenire questo senso di precarietà. Il COVID, con la necessità di dover creare dei doppi percorsi per pazienti infetti e non di accesso ai presidi, ha reso ancora più invivibile la situazione. C’è poi la sanità del territorio al collasso. I prezzi più alti, lo pagano i pazienti oncologici che sono stati costretti a penosi rinvii di esami strumentali essenziali nella stadiazione delle loro patologie come del loro follow-up. E non c’è, codice 048 che tenga. A volte l’unico slot per eseguire una RMN o una colonscopia attraverso il SSN, è distante molti mesi quando non supera un anno. Ma la malattia spesso va di fretta. Non aspetta i tempi della sanità pugliese. I più fortunati si avvarranno delle prestazioni offerte dalle strutture private, gli altri attenderanno che si compia il proprio destino, rinunciando di fatto alle cure. Questo è quanto osservo giornalmente al lavoro come medico ospedaliero e come volontario dello Sportello medico popolare, promosso per lenire le conseguenze della assenza di una sanità territoriale che in realtà dura da anni e che è stato progressivamente sostituito da offerte di servizi di Cliniche private su Bari. Quindi smantellamento progressivo del Sistema sanitario nazionale con progressivo potenziamento della offerta privata. Questa la scelta politica sposata dalla Regione Puglia e dal presidente Emiliano.
Infatti, tornando alla sanità ospedaliera nel nostro territorio , dove sono finiti i 110 posti letto che dovrebbe avere Molfetta per ottemperare alla quota di 2,7 /1000 in base ai numeri stabiliti dalla Regione Puglia ? Se nel territorio di Molfetta, Giovinazzo, Corato, Ruvo, Terlizzi, vi sono attualmente per popolazione solo 0,9 posti letto per acuti sul territorio in luogo del 2,7 /1000 stabiliti per decreto regionale, dove sono andati a finire quelli che mancano? Forse sono serviti a rifornire l’ampia offerta di servizi delle cliniche private su Bari? E ci sorprende che di fronte a questo disastro annunciato. le cui premesse, erano ben leggibili tra le righe delle politiche sanitarie di Emiliano, sia il sindaco che l’assessore Tammacco si sveglino solo oggi. Da anni, e già in tempi non sospetti, Rifondazione comunista ha denunciato il misfatto che si stava compiendo sulla sanità a Molfetta (ed in Puglia) . Lo abbiamo fatto durante la campagna elettorale cittadina per le elezioni comunali, anche verso il centro-sinistra cittadino che non ha voluto riconoscere la insostenibilità politica del civismo “spregiudicato“ di Emiliano. Di un sistema cioè dove tutto fa brodo per puntellare il potere. Dove si può reclutare come assessore della sanità l’uomo simbolo della sanità di Fitto, Rocco Palese. Vogliamo ricordarci della vicenda farsesca di quando Emiliano prendeva in giro, a mesi alterni, le comunità del Nord-barese , circa la sede di collocazione del sedicente ospedale di primo livello del Nord Barese ( quello della “ Carta di Ruvo “ ) da creare , come l’abito di Arlecchino , mettendo insieme le “toppe “ dei vari servizi ospedalieri del territorio.
Il sindaco Minervini , che da un lato beneficiava dello sponsor politico Emiliano durante la sua campagna elettorale del 2017 e contemporaneamente taceva sulle politiche di deprivazione dei servizi sanitari ( vedi la chiusura totale dell’ufficio ticket a Molfetta per i 2 anni del COVID anche nei periodi di apertura parziale e più volte denunciati dallo Sportello medico popolare , senza ricevere risposta dalle istituzioni comunali ) , oggi fa un timido comunicato stampa per stigmatizzare la situazione al Presidio sanitario di Molfetta . Ed infine il consigliere Tammacco, l’uomo forte della maggioranza che governa Molfetta, che da un lato denuncia la Regione e quindi Emiliano per le inadempienze in campo sanitario su Molfetta e che allo stesso tempo si accredita, come se fosse organico alla maggioranza di Emiliano, sul nuovo ospedale da costruire tra Molfetta e Bisceglie. Insomma fa la Giulia e la Giovanna a seconda delle circostanze. Purtroppo cascami del civismo “spregiudicato” fondato su una visione della politica in cui i voltagabbana per convenienza, sono premiati. Civismo spregiudicato che guarda caso è connotato politico sia del governo regionale Emiliano che del governo cittadino molfettese. Peccato che il dazio lo pagano i molfettesi. Vittime sia delle politiche di Emiliano che di quelle ambigue dei due uomini al comando del governo cittadino.
Giovanni Infante
Consigliere comunale Rifondazione comunista/Compagni di strada/ Più di così
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