Seguendo i vari notiziari nazionali ci si può accorgere che domenica 23 aprile, in Francia ci saranno le elezioni presidenziali.
Più di dieci candidati si sono presentati all’appuntamento elettorale che quasi sicuramente sarà solo la prima manche della tornata elettorale transalpina. Già, perché in Francia la legge elettorale delle presidenziali è a grandi linee quella che in Italia esiste per le elezioni amministrative dei comuni: Se uno dei candidati al primo turno non raggiunge il 50%+1 dei consensi, bisognerà ricorrere al ballottaggio tra i due candidati più suffragati.
I sondaggi, quasi inequivocabilmente, danno in testa il Front National di Marine Le Pen con a seguito i candidati dei centristi (Macron) e dei repubblicani (Fillon). Ma, con grande sorpresa, si afferma sulla soglia del 18% dei suffragi una (quasi) oscura figura a capo di una coalizione variegata di sinistra: Jean-Luc Melenchon.
Melenchon, che appunto guida la coalizione di sinistra “La France Insoumise”(letteralmente “La Francia non sottomessa”), da subito è stato additato come un populista di sinistra, opponendo radicalmente il suo movimento ed il suo programma a quello della ben più nota Marine Le Pen.
Appunto il suo programma, radicalmente opposto a quello della candidata di estrema destra, contiene diversi spunti interessanti su parecchi argomenti: a partire da una lotta intelligente al terrorismo per finire a riforme per una vera e condivisa integrazione dei migranti sul suolo francese, ma noi ci soffermeremo su di uno in particolare che ci è particolarmente a cuore. La riduzione dell’orario di lavoro.
Nel programma questo punto appare di una chiarezza lapidaria: ridurre i tempi di lavoro, lavorare meno e lavorare tutti. Continua poi affermando che se nel paese si assiste a due fenomeni contrapposti (chi si dispera per il troppo lavoro e chi invece si dispera perché non ne riesce a trovare uno) la soluzione – dato il progresso tecnologico attuale permette di farlo realmente – non è altro che quella di ridurre l’orario di lavoro (a parità di salario) in modo che tutti possano averne uno. E, andando più nello specifico, il candidato propone di:
1. Aggiungere e rendere generale per tutte le categorie di lavoratori una sesta settimana annua di ferie retribuite.
2. Applicare realmente il vincolo delle 35 ore (che a quanto pare in Francia non è mai stato applicato seriamente) e in funzione di questo aumentare considerevolmente le paghe sugli straordinari (25% per le prime 4 ore di straordinari e 50% oltre la quarta ora) in modo da incoraggiare le imprese nell’assunzione di nuovo personale.
3. Tornare indietro sulla Loi Travail (il Jobs act francese per intenderci) e sulle conseguenze di flessibilità del lavoro che portava con sé, una su tutte il lavoro domenicale e festivo.
Punti programmatici questi che, come circolo di Molfetta, abbiamo già toccato in precedenza e per i quali ci siamo battuti a fianco dei lavoratori.
Infatti, questi argomenti non sono per niente estranei a noi italiani se solo pensiamo alla distruzione dei regolari tempi della vita che i lavoratori della grande distribuzione, e non solo, sono costretti a subire.
Certamente anche in Italia è iniziata, da qualche tempo a questa parte, una discussione sulla riduzione dell’orario di lavoro che sta tendendo a monopolizzare il Movimento 5 Stelle. Discussione che peraltro non prevede una chiara presa di posizione sulla tassazione da imporre sugli straordinari. Quello che inoltre non si dice è che, se si vuole realmente portare a compimento un obiettivo così radicale, c’è bisogno di porsi come interlocutore diretto e privilegiato della classe dei lavoratori e ciò implicherebbe darsi una linea univoca sul sindacato e non strizzare l’occhio al padronato (Confindustria in primis). Occhio che più volte è stato strizzato quando si è ricorso a privatizzazioni o quando si parla addirittura di abolire le cariche rappresentative sindacali all’interno delle aziende. La proposta del M5S sulla questione verrà votata sul blog questa o la prossima settimana.
Nell’articolo che presenta questa proposta vengono fatti non pochi riferimenti ad altre storiche conquiste del movimento operaio italiano come le 8 ore giornaliere del 1919 e le 40 ore settimanali conquistate nel 1969. Ebbene pur citando questi importanti traguardi, l’articolo non spiega le cause di tali successi. Non è citato il sindacato e il suo ruolo svolto nel mobilitare e organizzare i lavoratori e i limiti che il movimento operaio italiano, complice una miriade di fattori, ha patito. Da ciò si può capire come mai la lotta sulla riduzione dell’orario di lavoro in Italia si è arrestata mentre negli altri paesi europei si è arrivati a lavorare sempre meno.
Di certo questo non vuole essere un elogio a priori del sindacato, in nessuna delle forme in cui esso si manifesta oggi, ma non deve passare in secondo piano l’importanza della lotta collettiva della classe lavoratrice, che ha bisogno di organizzarsi. Sarebbe ingenuo pensare che questa organizzazione potrà avvenire spontaneamente e naturalmente e, se davvero si vorrà attuare questa riforma radicale del mercato del lavoro, ci sarà bisogno sicuramente di una forza organizzativa e conflittuale concertativa non indifferente, complice la tendenza di contrazione di salari che il conflitto capitale-lavoro sta assumendo in questa fase storica.
Questa visione di ampio respiro e questa volontà di rapportarsi col soggetto sindacale di sicuro contraddistingue i grillini dai compagni della France insoumise. Evidentemente Grillo e i suoi questo ragionamento non lo hanno fatto o non vogliono strumentalmente farlo. Un’autocensura del movimento dettata anche dal fatto che da sempre il libero mercato e la ricetta imprenditoriale vengono visti più come dei mali curabili che come la radice di molti mali inestirpabili.
Riteniamo di conseguenza che le questioni del lavoro debbano riprendere ad essere discusse con forza dalla sinistra in Italia, prendendo come modello il movimento a sostegno di Melenchon che, seppur in Francia rischia di arrivare al ballottaggio delle presidenziali, non rinuncia a parlare ai lavoratori e per i lavoratori in questi termini.
Il nostro scontato augurio è che il fronte composito della sinistra possa risultare vittorioso e che non deluda il programma che nel complesso riteniamo più che valido.