Studenti e docenti di nuovo in piazza per bocciare la “buona scuola” di Renzi e Giannini

Di   11/11/2015

381984_450107451713737_1939696409_nIl circolo “Palestina Libera” del Partito della Rifondazione Comunista di Molfetta esprime solidarietà e vicinanza al personale della scuola in sciopero venerdì 13 novembre e agli studenti e alle studentesse che scenderanno in strada martedì 17 novembre per la Giornata Internazionale dello Studente.
Lo sciopero, indetto dai Cobas Scuola, si pone gli obiettivi di combattere l’applicazione della legge 107 sulla Buona Scuola, difendere la scuola pubblica e di qualità e le condizioni di lavoro del personale della scuola, implementare il diritto allo studio degli studenti, esigere un consistente recupero salariale e l’assunzione stabile di tutti i precari abilitati o con 36 mesi di servizio.
La volontà dei manifestanti è anche quella di bocciare la vergognosa proposta di contratto, inserita nella Legge di stabilità, che prevede l’aumento di soli 8 euro (lordi) del salario di docenti e personale Ata, dopo sei anni di blocco contrattuale e una perdita salariale media negli ultimi anni almeno del 20% (tra i 250 e i 300 euro). Il contratto proposto dal governo recepirebbe i peggiori provvedimenti della 107, abilitando i presidi ad assumere, licenziare, premiare e punire a propria discrezione.
Lesive per il diritto allo studio e all’insegnamento sono inoltre la costituzione dei comitati di valutazione, braccia interne dell’INVALSI all’interno di ciascun istituto, e l’applicazione del nuovo sistema ISEE per la valutazione dei parametri economici per le iscrizioni alle università, nonché i continui i tagli strutturali di fondi all’istruzione e alla ricerca operati, fondi invece vanno a foraggiare sempre più istituti e università private.
La formazione di un modello aziendalistico dell’istruzione, aldilà dell’ingresso dei privati nei consigli d’amministrazione degli istituti scolastici, vede nell’alternanza scuola-lavoro la ciliegina sulla torta: essa prevederà 400 ore obbligatorie per studenti e studentesse degli istituti tecnici e professionali, e 200 per i liceali, da svolgere in azienda, fuori dalla normale attività didattica.
Nell’insieme si tratterebbe di un monte ore di stages decuplicato rispetto al pre-riforma. In tre anni ammonterà a ben 150 milioni di ore: ciò vuol dire che potenzialmente le aziende, anziché assumere 100.000 lavoratori, potranno avvalersi di 100.000 stagisti obbligati dalle scuole a lavorare senza salario e senza diritti.
A fronte di questi provvedimenti, non ci sfugge tuttavia che, rispetto alle forti e unitarie mobilitazioni della passata primavera, che hanno visto il proprio culmine nello sciopero del 5 maggio, e al blocco degli scrutinii, ci si sia limitati, approvata la Legge, a scioperi e manifestazioni isolate alle giornate del 2 e 9 ottobre passato e alla manifestazione nazionale (non accompagnata dallo sciopero) indetta a fine novembre dai sindacati confederali per la difesa dei lavoratori del Pubblico Impiego.
Una risposta troppo debole, a fronte di un governo che non misura il proprio consenso tra la popolazione o nelle piazze, ma in base alle assegnazioni delle agenzie di rating o al plauso di Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale.
Ci pare invece che sia giunta l’ora di arrivare alla proclamazione di uno sciopero generale e generalizzato anche in Italia, che coinvolga quei settori come la logistica, il commercio e la grande distribuzuione dove da tempo si è alzato il livello dello scontro nella lotta per il rinnovo dei contratti nazionali. Uno sciopero che individui nelle istituzioni europee, delle cui richiesete oggi il governo è semplice esecutore, il nemico da combattere con ogni strumento, e nell’Unione Europea la gabbia da abbattere per riappropriarci della sovranità politica sottrattaci.


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