Il Porto delle nebbie (2° puntata)

Di   15/07/2014

nuovo porto di Molfetta

nuovo porto di Molfetta

L’iniziativa di lunedì 7 luglio sul tema “porto” da parte di alcuni imprenditori ha il merito di aver riaperto la discussione pubblica sul porto e sullo sviluppo di Molfetta. Secondo noi offre un contributo sbagliato e fuorviante nel merito, basato su un’idea vecchia e superficiale di città che ha già mostrato la corda in questi anni passati. Di fronte a questa riapertura di dibattito non si può rimanere silenti, per questo avvertiamo l’obbligo di dire la nostra con un documento che poniamo all’attenzione della città (http://www.rifondazionemolfetta.info/downloads/).
Sarebbe facile ricordare la malagestione dell’opera da parte dell‘amministrazione Azzollini, le transazioni a perdere per la comunità (7.800.000€ nel 2010 a favore della Cmc), la devastazione dell’ecosistema marino, l’incompleta bonifica degli ordigni bellici, le ripercussioni sui bilanci che con l’amministrazione Natalicchio si sta provvedendo a riordinare, il sequestro del cantiere a seguito dell’indagine.
Potremmo fermarci qui, dando un giudizio politico sui danni finora procurati ma se qualcuno ha deciso di rimettere lo stesso disco “non si può fermare il porto, non si può fermare lo sviluppo”, è bene dedicarsi alla decostruzione nel merito di questo tentativo di rilancio del “sogno-incubo” perché, senza liberarsi di questa idea dello sviluppo, il nostro futuro, costruito su queste illusioni, sarebbe di nuovo preda di più cocenti delusioni.
L’idea della Puglia e di Molfetta come snodi di attraversamento di prodotti e servizi altrove realizzati è il punto debole dell’idea dominante di sviluppo dell’ultimo ventennio. Credere che un’infrastruttura del genere produca automaticamente e semplicisticamente lo sviluppo, è un po’ come pensare che basti costruire delle stazioni perché dei treni poi ci passino necessariamente. Al limite, è il contrario: se esistono dei treni che hanno bisogno di una stazione, allora diventa conveniente costruirne una. Perché è avvenuto questo cortocircuito?
Perché l’idea del porto e la sua progettazione non hanno mai scontato la redazione di uno studio di fattibilità nè di un business plan né di altri approfondimenti scientifici sulla necessità e convenienza economica di un investimento di questo tipo. Nessun ragionamento basato su costi, benefici, rischi di impresa alla luce di analisi economiche, ambientali, logistiche per decidere se valesse la pena investire strategicamente su questo asse.
Non ci risultano analisi di contesto socio-economico in nessuna delle fasi di ideazione, gestazione, realizzazione dell’opera del nuovo porto commerciale nè che qualcuno – pubblica amministrazione o altro ente pubblico o privato – le abbia commissionate.
Eppure, Dio solo sa, quanto avremmo avuto, e abbiamo tuttora, bisogno di supporti scientifici e ausilii, affinché si ragioni – numeri e dati alla mano – sulla opportunità, convenienza ed effettiva strategicità di questa infrastruttura non solo tra addetti ai lavori ma nell’intera comunità cittadina.
Chi ci guadagna e chi ci perde da un’opera di questo tipo, così poveramente e incautamente ideata? Sono questi interrogativi legittimi? Noi crediamo non solo che siano legittimi, ma fondamentali e necessari per non ripetere gli errori compiuti in questi anni dal centrodestra.
Al’indomani della vicenda giudiziaria all’interno del mondo della cittadinanza attiva e del centrosinistra sono prevalse due letture non sufficienti ad affrontare di petto la questione strategica: da una parte una lettura “legalitaria” e dall’altra quella “sanitaria-ambientale”.
Entrambe hanno schiacciato una terza lettura possibile, fondamentale, quella della ridefinizione strategica e del ripensamento delle funzioni del porto, lontano dalla logica della mirabolante “grande opera” inutile e fine a se stessa.
Senza tutto ciò sussiste un grave rischio di indebolimento per la nuova visione di città e per il modello di sviluppo alla base del programma dell’amministrazione comunale che rispetto al porto – lo ricordiamo – pone tre assi fondamentali: lo scioglimento della società “Molfetta Porto” e l’ingresso nell’Autorità portuale del Levante al fine di avere un respiro strategico più largo; una commissione d’inchiesta di “tecnici” super partes sulla gestione dell’appalto (superata dall’inchiesta della magistratura) e, in ultimo – fondamentale – un ripensamento del progetto, finanche “un possibile ridimensionamento degli interventi”.
Riteniamo necessario non rimanere prigionieri di una storia già scritta da altri, non possiamo e non dobbiamo rassegnarci a portare nel futuro i segni di questa cicatrice. Occorre dissequestrare la discussione pubblica in città sul porto al più presto, evitando di appaltare la discussione e la decisione esclusivamente a operatori economici o delegandola di fatto alla magistratura.
È la politica che ha il dovere-diritto di scegliere, tanto più che oggi la magistratura sta facendo il suo corso ed è possibile recuperare il gap di informazione, conoscenza, analisi, pianificazione strategica che hanno contraddistinto la destra nella gestione di questa vicenda. Per noi questa rimane la bussola.

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